“La forza di 20 braccia!”
Questa era la frase di uno spot anni ‘80: immagini di mani che
impastavano insieme, univano le energie di ogni singolo per
produrre un grande impasto. Questo ricordo mi è stato
portato improvvisamente alla memoria quando mi sono trovato
nella sala preparata per il laboratorio a cui dovevo
partecipare: la forza messa in campo era quella di cento
braccia, pronte a impastare.
Talvolta si partecipa a degli eventi aziendali insieme
ai propri colleghi e si scatenano tutta una serie di
emozioni. All'inizio quando ci è stata presentata
questa attività di team building, la maggior
parte di noi era un po' perplessa. In molti hanno subito
pensato, un po' sarcasticamente: "Ecco, il nostro
responsabile ha pensato bene di farci passare una
giornata dietro ai fornelli".
Ma quando il responsabile della società proponente
ha iniziato la presentazione dell'attività, ci
siamo subito resi conto della sua particolarità.
Di cooking, inteso come atto del cucinare,
c'era ben poco, però mi ha ricordato i nonni,
la loro esperienza, la tradizione, l'aspetto delle
cose buone fatte in casa. Infatti gli strumenti da
utilizzare sono semplici, nessun fornello, nessun
ingrediente complicato, ma solo acqua e farina.
Sì proprio solo acqua e farina, è da
questi due elementi ben dosati che parte l'impasto
madre per realizzare della semplice e genuina pasta
fatta a mano, con la nostra forza, la 'forza di cento braccia'.
È iniziata così la prima fase, la
preparazione dell'impasto. Acqua a temperatura ambiente
e la giusta dose di farina di semola di grano duro:
con questi si prepara la cosiddetta fontana di
acqua e farina. Mettere le mani in pasta, nel vero senso
del termine, per tanti miei colleghi, è diventato
anche un buon sistema per staccarli, per un po' di tempo,
dalla dipendenza da smartphone e pc.
Eh sì, ci aveva visto lungo il mio responsabile
nella scelta di un'attività che non permettesse
l'utilizzo di smartphone, perché le mani sarebbero
state impegnate. Così, tutti intorno ad un tavolo
lungo meno di due metri e largo poco più di uno,
ecco che dieci colleghi, si sono ritrovati vicini a
dialogare tra loro, a scambiarsi esperienze e conoscenze,
mentre le mani erano impegnate nella ciotola a lavorare
l'impasto. Che bella alchimia avevano procurato acqua
e farina, tenendo tutti uniti intorno ad un tavolo.
E di tavoli nella grande sala della location ce n'erano
più di una dozzina: sì, proprio una bella
squadra al lavoro.
Terminata la parte di preparazione, iniziava quella della stesura.
È qui che si tira fuori la forza, è qui che le mani
e le braccia si sfogano sopra l'asse di legno, che era lì
apposta per far spianare tutto, dagli impasti ai discorsi tra
colleghi, tutti vicini in poco spazio, in piedi intorno ad un
tavolo con un grembiule addosso.
Arrivare a produrre una bella palla d'impasto è la base per
un buon inizio: pasta fresca fatta a mano solo con acqua e farina
è una delle tradizioni popolari e familiari maggiormente
sentite nel nostro paese. Dalle differenti regioni si hanno
differenti formati di pasta: orecchiette, trofie, lagane,
scialatielli, pici...
Ogni partecipante ha potuto così proporre il formato tipico
della regione di appartenenza. Supportati da esperte mastre pastaie,
i team hanno iniziato la fase produttiva, scoprendo così a
questo punto l'obiettivo finale di quanto realizzato.
Tutta la pasta fresca realizzata, dopo un breve riposo di asciugatura
sulle assi, è stata confezionata in vaschette pronte per la
consegna da parte di volontari ad alcune mense caritatevoli della
città. La sera stessa, quindi, qualcuno avrebbe usufruito
di quanto preparato da noi: il motto
Primi per
gli ultimi, ispirato dalla Caritas di Foligno, era divenuto
davvero realtà.
Il tutto con la forza di cento braccia.
Chissà quando avremo l'occasione di rifarlo?